Tanto per cominciare ci sono almeno 147 città di fondazione da abbattere, secondo l’elenco tracciato a suo tempo dallo scrittore Antonio Pennacchi. Alcuni sono semplici borghi, altre sono città capoluogo, come Latina, ma poco conta: si tratta di luoghi troppo legati a un’epoca che l’Italia deve seppellire. Anche nelle città non fasciste, interi quartieri andranno rasi al suolo e ricostruiti secondo canoni sinceramente democratici: per esempio l’Eur, la Città universitaria e il Foro Italico (già foro Mussolini) a Roma. Saranno poi fatte saltare la stazione Centrale di Milano, inaugurata nel 1931, e la stazione di Santa Maria Novella di Firenze, oltre al palazzo della Farnesina di Roma, sede del ministero degli Affari Esteri. Si riallaghino le paludi Pontine e quelle di Emilia, Sardegna, Bassa Padana, Coltano, Maremma Toscana, Sele.
Andranno abolite, nell’ordine: l’assicurazione invalidità e vecchiaia (1923), l’assicurazione contro la disoccupazione (1926), l’assistenza ospedaliera ai poveri (1923), l’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali (1928), l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (1935), l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (1933), il Tfr (1927).
Bisognerà intervenire anche sul Parco nazionale d’Abruzzo (istituito con regio decreto del 1923), sul Parco nazionale del Gran Paradiso (1922), sul Parco nazionale del Circeo (1934), sul Parco nazionale dello Stelvio (1935). Gruppi di volontari antifascisti dovranno inoltre recarsi sul monte Giano e sradicare, uno per uno, i 20.000 pini piantati dalla Scuola Allievi Guardie Forestali di Cittaducale nel 1939 a formare la scritta DVX. Andranno distrutte anche le mappe altimetriche con cui il fascismo mappò tutto il territorio nazionale e che vengono usate ancora oggi, senza essere mai state aggiornate da allora.
Andranno stralciati, bruciati, riscritti il codice penale (1930), il codice di procedura civile (1940), il codice della navigazione (1940), il codice civile (1942) e numerose altre disposizioni vigenti ancora oggi (il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, il Codice della Strada, le disposizioni relative a: polizia urbana, rurale, annonaria, edilizia, sanitaria, veterinaria, mortuaria, tributaria, demaniale e metrica). Abolire la magistratura del lavoro. Andrà sciolto il corpo dei vigili del fuoco, istituito nel 1935.
Andrà distrutto ciò che resta di Cinecittà. La Mostra del Cinema di Venezia verrà soppressa: nata nel 1932 per opera del direttore dell’Istituto Luce, De Feo, e dell’ex ministro delle Finanze Giovanni Volpi di Misurata, fu la prima manifestazione del genere al mondo. Andrà abolita la Rai, diretta emanazione dell’Eiar, creato nel 1927. I primi esperimenti sulla televisione risalgono al 1929 per volere del Duce. Nel dicembre del ’38 l’ufficio stampa dell’EIAR comunicò che nei primi mesi del ’39 sarebbero iniziati servizi regolari di televisione. Il 4 giugno 1939 alla Mostra del Leonardo ci furono alcune trasmissione sperimentali, sul Radiocorriere apparvero i programmi e persino le pubblicità di alcuni proto-apparecchi televisivi. Il progetto venne abbandonato a causa dell’entrata in guerra, ma funse in seguito da base per la Rai. Andrà abolito anche l’Istituto Luce, fondato nel 1925.
Si tolgano dai programmi scolastici i nomi e le opere di Pirandello, Marinetti, D’Annunzio, Deledda, Ungaretti, Gentile, Malaparte, Soffici. Si bruci la Treccani e si chiuda il relativo istituto. Si chiuda anche l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente che fu di Tucci e Gentile. Solo allora, forse, l’Italia sarà un Paese moderno, libero dai condizionamenti di questo passato orribile.