giovedì 18 luglio 2013

All.nr.153) GEN. MORI E COL. OBINU ASSOLTI MA LA PROC. CHIESE ARCH. ANCHE PER GEN. A. SUBRANNI DEFINITO "PUNCIUTO" DA BORSELLINO 18 luglio 2013 alle ore 12.41

CHI SE NE FREGA SE CIO' (COME SEMBRA) EMERGE DALLA ASSOLUZIONE DI MORI E C. E CHI SE NEFREGA SE PERSONAGGI AUTOREVOLI HANNO SPOSATO QUESTA TESI CHE, IN QUANTO TALE E' A DIR POCO RIDICOLA.

LA TRATTATIVA STATO-MAFIA NON E' STATA UNA TEORIA O UNA SUPPOSIZIONE ED I DUE NOMI CHE SEGUONO DOVREBBERO FUGARE OGNI OMBRA DI DUBBIO  SU QUESTA "REALTA' ": I SIGNORI FALCONE E BORSELLINO HANNO SPESO GRAN PARTE DELLA LORO VITA PROPRIO PER RACCOGLIERE TUTTI GLI ELEMENTI (ANCHE IL MINIMO DETTAGLIO) PER DIMOSTRARE TUTTI I LEGAMI TRA STATO E MAFIA (RICORDIAMOCI ANCHE IL MAXI-PROCESSO), PURTROPPO ENTRAMBI SONO STATI UCCISI E QUESTA, INCONFUTABILMENTE E' LA PROVA CHE ENTRAMBI AVEVANO INDIVIDUATO LA LINEA DA SEGUIRE E SAPEVANO COME MUOVERSI IN DETERMINATI AMBIENTI.

NON DIMENTICHIAMO LE PPAROLE DI BORSELLINO DOPO LA MORTE DI FALCONE: "ANCH'IO  SARO' UCCISO MA NON SARA' LA MAFIA AD UCCIDERMI O MEGLIO, GLI ESECUTORI MATERIALI SARANNO DI COSA NOSTRA MA, I "MANDANTI" SARANNO ALTRI".

DI SEGUITO VENGONO RIPORTATI ALCUNI DOCUMENTI SIA RELATIVI A QUESTO PROCESSO NONCHE' PRECEDENTI A TALE PRONUNCIA E MOLTO INTERESSANTE E' IL FILMATO DELLE DICHIARAZIONI RIASSUNTIVE DI MARCO TRAVAGLIO MA, C'E' UN ALTRO PPARTICOLARE CHE NON PUO' E "NON DEVE" PASSARE IN SECONDO PIANO OSSIA, PRECEDENTEMENTE ALLA ASSOLUZIONE IN OGGETTO LA PROCURA AVEVA GIA' RICHIESTO (COME RISULTA DI SEGUITO), L'ARCHIVIAZIONE SIA PER IL GEN. MORI NONCHE' PER IL COL. OBINU MA, COSA INTERESSANTE E' QUELLA CHE TRA I NOMI DA "ARCHIVIARE" APPARE ANCHE TALE "SUBRANNI ANTONIO" EX GENERALE DEL ROS IL QUALE FU DEFINITO DA BORSELLINO "PUNCIUTO" E COME LE PERSONE IN BUONA FEDE SANNO ED AMMETTONO, BORSELLINO NON PARLAVA A VANVERA DI DETERMINATI FATTI E QUELLA NON FU NEMMENO UNA ESTERNAZIONE INTERROGATIVA IN UN CONTESTO TRA COLLEGHI D'UFFICIO MA FU CHIARAMENTE UNA SUA "AFFERMAZIONE" FATTA A SUA MOGLIE AGNESE PER RENDERLA EDOTTA DEL FATTO CHE I RISCHI ERANO IN UN CRESCENDO SPAVENTOSO ED INFATTI DUE GIORNI DOPO TALE AFFFERMAZIONE EBBE LUOGO LA STRAGE DI VIA D'AMELIO.

CON RIFERIMENTO AL TERMINE "PUNCIUTO", ADOPERATO DA BORSELLINO E RIVOLTO AL GEN. SUBRANNI PREGASI VISIONARE IL MIO POST NR. 152 (PUBBLICATO SULLA MIA PAGINA E COMUNQUE FACENTE PARTE DEL MIO BLOhttp://moonposter.blogspot.com).


PER CONCLUDERE, SE DA UNA SENTENZA EMERGE ANCHE IN MODO VELATO CHE LA TRATTATIVA STATO-MAFIA ALTRO NON E' CHE UNA FAVOLA I DUBBI NON DEVONO PIU' ESSERE DEFINITI TALI IN QUANTO TRATTASI DI CERTEZZE OSSIA VI E' LA CERTEZZA CHE ANCHE QUELLA CORTE SI E' PRONUNCIATA PER ASSERVIRE QUALCHE POTERE OCCULTO E CHE OCCULTO DEVE RIMANERE.

IN ULTIMO, POICHE' IL DISPOSITIVO DI QUELLA SENTENZA E': "PERCHE' IL FATTO NON COSTITUISCE REATO" SIAMO TUTTI CURIOSI DI SAPERE DI QUALE "FATTO" SI PARLA EFFETTIVAMENTE IN QUANTO COME TUTTI SAPPIAMO, LA NOSTRA MAGISTRATURA SI E' DIMOSTRATA ABILISSIMA NEL DISTORCERE, MASCHERARE ED OFFUSCARE ANCHE GLI ELEMENTI PIU' OGGETTIVI CHE AVEVA A DISPOSIZIONE.

CHIUDO RICORDANDO CHE LO "STATO-MAFIA" NON PERDE TEMPO IN SCIOCCHEZZE E PER CERTO NON UCCIDE CHI NON E' RITENUTO UN GRAVE PERICOLO PER COSA NOSTRA.

INFATTI, FALCONE E BORSELLINO NON SONO PIU' TRA NOI.

CHI VUOL INTENDERE INTENDA.

Assolto il Generale Mori per la trattativa Stato-Mafia, Travaglio e Ingroia vogliono suicidarsi


La Procura di Palermo aveva chiesto una condanna esemplare per il generale Mario Mori, ex ufficiale simbolo del Ros ed ex direttore del Sisde: 9 anni di carcere, “per aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano”. Ma la Quarta sezione del tribunale non ha accolto la richiesta e ha assolto Mori: “perché il fatto non costituisce reato”
Crollano completamente i presupposti del teorema della trattativa stato-mafia tanto a cari a Ingroia.
In particolare colpo durissimo per Travaglio che, pendendo dalle labbra del barbuto amico, aveva scritto quintalate di articoli attaccando più volte il generale Mori.
Fino a quando il Paese dovrà rimanere aggrappati a teoremi strampalati di questi personaggi?

Ti potrebbe anche interessare:

Ciancimino Jr ammette: "Ingroia era dalla nostra parte e garantiva i nostri affari"Chi aiutò Provenzano a non essere catturato per anni? Un amico di Ingroia e TravaglioTravaglio "Tifo contro l'Italia, w la Spagna. Il calcio arma di distrazione di massa"Il Cav condannato per una cena elegante, era meglio andare a pranzo con i giudici come VendolaIngroia, il magistrato partigiano cazziato dalle toghe rosse!
Giovanni Pancari
Qualche giorno fa avevo scritto un post a proposito della singolare posizione del procuratore generale di Catania, Giovanni Tinebra che, sempre nella città etnea, concorre, con più di una speranza di successo, alla carica di Procuratore della Repubblica e nel contempo si dichiarava malato al punto da non poter testimoniare nel processo Mori. Fatti che appaiono tra loro in evidente contraddizione.
Qualcuno ha spiegato con facile penna che si trattava di un malanno momentaneo dal quale il magistrato era subitaneamente guarito; si è anche detto, con fervido esercizio di fantasia, che la richiesta di eliminare la sua testimonianza fosse dovuta a non meglio precisati “motivi di opportunità”.
Niente di tutto ciò è vero. In Italia se, perdurando la citazione, non ti presenti a testimoniare senza un più che valido motivo di impedimento, vieni “opportunamente” accompagnato in aula dai carabinieri. Così sta scritto nel codice di procedura penale ad oggi in vigore.
Non si trattava neppure di un passeggero malanno di stagione. A dircelo sono le parole dello stesso Tinebra, che il 19 gennio 2010 scrive al Presidente del Tribunale di Palermo e al pubblico ministero Nino Di Matteo: «Con riferimento alla citazione in oggetto rappresento subito alle SS.VV. Ill.me la mia più totale ed incondizionata disponibilità a conformarmi alle Loro determinazioni. Non posso però sottacere la difficoltà a conformarmi alla detta data in dipendenza dell’imminenza dell’inaugurazione del nuovo Anno Giudiziario, adempimento che mi vede pesantemente e direttamente coinvolto nella sua organizzazione e celebrazione, anche in relazione alle mie condizioni di salute. Inoltre, e soprattutto, rappresento che le mie condizioni, così come descritte nella certificazione che allego, consiglierebbero di soprassedere dall’esecuzione dell’incombente in oggetto; e ciò sia in relazione alla stancabilità di cui sono affetto ed allanon sempre brillante memoria di cui dispongo, sia in relazione alla scarsa coordinazione dell’attività fisica che mi affligge, scarsa coordinazione che mi comporta spesso reazioni emozionali assolutamente spropositate (circostanza questa che potrebbe viziare il giudizio di eventuali osservatori). Mi permetto pertanto di rassegnare alle Loro Signorie istanza di soprassedere all’incombente in oggetto».
Fin qui la lettera. Vediamo il certificato medico allegato agli atti dell’udienza (stiamo parlando di atti pubblici, quindi i difensori della privacy stiano calmi). A firmarlo è il primario di neurologia dell’Ospedale Cannizzaro di Catania, Erminio Costanzo, persona di provata buona fede e di sicuro valore scientifico. Scrive il neurologo: «il dottor Giovanni Tinebra è affetto da ‘sindrome parkinsoniana’ con tremore a riposo agli arti superiori (sinistro e destro), apofonia con bradilalia. Tale situazione clinica (aspetto motorio) e il marcato riverbero neuro-vegetativo (sudorazione improvvisa, rash cutaneo eccetera) oltre ad un disagio psicologico di base si accentua nei momenti di stress arrivando talvolta a rallentare il flusso ideico e il rashival mnesico». L’unico caso di guarigione da un quadro clinico di tal fatta è quello di una suora, guarita dall’intervento miracoloso di Papa Wojtyla; caso inserito nel processo di beatificazione di Giovanni Paolo II. Bisogna avvertire la Santa Sede di un nuovo miracolo del defunto Pontefice?
Questi sono gli atti. Sono carte processuali, non memoriali scombinati come quelli che circolano in questi giorni. Memoriali e pamphlet che nei toni ricordando molto le sinistre lettere del Corvo e puntano in modo maniacale su magistrati che conducono inchieste delicatissime e turbano i sonni dei potenti di Catania e non solo di Catania.
I fatti che avevamo qui riferito, con al seguito le carte raccolte a Palermo da un altro collega, adesso sono arrivate in Parlamento grazie ad un’interrogazione presentata dall’on. Rita Bernardini del Pd/Radicali che chiede al ministro della Giustizia di non dare il suo concerto di fronte ad un’eventuale malaugurata nomina di Tinebra e di adoperarsi affinché a Catania arrivi unProcuratore esterno alla città. Un’opzione sulla quale non si può che concordare.

Mafia: assolti Mario Mori e Mauro Obinu
Di Matteo: "Rispetto la sentenza, ma faremo ricorso"

Mercoledì 17 Luglio 2013 - 17:35 di Riccardo Lo Verso

Leggi il dispositivo della sentenza emessa dai giudici della quarta sezione del tribunale di Palermo. I due erano accusati di non avere catturato, nell'ottobre del 1995, il boss Bernardo Provenzano al bivio di Mezzojuso, consentendogli, così, di rimanere latitante. Disposta la trasmissione degli atti in procura relativamente alle testimonianze di Massimo Ciancimino e Michele Riccio, per valutare le loro dichiarazioni. Il figlio dell'ex sindaco di Palermo: "Dal tribunale una mossa provicatoria". La rabbia del movimento delle Agende rosse: "Indignati, questo processo è la prova che lo Stato non processa se stesso".

CONDIVIDI QUESTO ARTICOLO

Mauro Obinu lascia il tribunale di Palermo (foto Andrea Tuttoilmondo)
PALERMO - Mezz'ora dopo le 17, con una puntualità spesso disattesa nelle aule di giustizia, suona la campanella che precede l'ingresso della Corte. E il presidente del Tribunale, Mario Fontana, pronuncia la frase che suona come musica per le orecchie dei due imputati. Mario Mori e Mauro Obinu vengono assolti con la formula perché il fatto non costituisce reato. Vanno via in silenzio, senza rilasciare alcuna battuta.

A parlare per loro è Basilio Milio, legale della difesa assieme a Enzo Musco. Inevitabile la sua soddisfazione: “Eravamo convinti che si sarebbe arrivati ad una assoluzione, ma visti i condizionamenti ambientali registrati fino a ieri non vi nascondo che c'era, da parte nostra, qualche timore. I giudici hanno, però, confermato di essere autonomi. Dedico questa vittoria a mio padre (il riferimento è allo storico avvocato Pietro Milio, difensore di Mori, venuto a mancare qualche anno fa a causa di una malattia, ndr)". A fare da contraltare la frase secca del pubblico ministero Antonino Di Matteo, rappresentante dell'accusa assieme al procuratore aggiunto Vittorio Teresi e ai sostituti Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia (all'inizio c'era anche l'ex procuratore aggiunto Antonio Ingroia ndr): “Sono un magistrato e quindi rispetto la sentenza anche se non la condivido in nessuno dei suoi punti. Faremo sicuramente ricorso”. La battaglia giudiziaria, dunque, non è chiusa. Il riferimento è anche alla decisione del Tribunale di trasmettere gli atti alla Procura affinché si valuti la posizione di due testimoni del processo, Massimo Ciancimino e Michele Riccio. Due testimoni sulla cui attendibilità l'accusa mai ha nutrito dubbi.

Poco più di cinque anni. Tanto è durato il processo di primo grado al generale Mori e al colonnello Obinu, imputati di favoreggiamento aggravato dall'agevolazione di Cosa nostra. Un processo che muove i primi passi nel 2008, quando il giudice per le indagini preliminari impose un procedimento che all'inizio la Procura non voleva celebrare. Mori, ex capo del Ros ed ex direttore del Servizio segreto civile, e Obinu sono accusati del mancato blitz di Mezzojuso dove, secondo la Procura, si sarebbe potuto catturare Bernardo Provenzano già il 31 ottobre 1995. E cioè undici anni prima che lo scovassero a Montagna dei cavalli. Ne era certo il confidente Luigi Ilardo che lo raccontò al colonnello Michele Riccio. Mori e gli altri alti ufficiali del Ros hanno sempre replicato sostenendo che mai il colonnello Riccio aveva parlato con chiarezza della presenza di Provenzano nel covo. Di parere opposto i pubblici ministeri secondo cui, i due imputati non avrebbero sviluppato le piste di indagine collegate al mancato blitz che avrebbero potuto consentire l'arresto del superboss anche successivamente.

E Mori si ritrovò sotto accusa proprio com'era avvenuto per la mancata perquisizione del covo di Totò Riina. I carabinieri del Ros vi entrarono diciotto giorni dopo la cattura del "capo dei capi" corleonese il 15 gennaio del 1993. Allora era imputato pure il "capitano Ultimo", l'ufficiale che mise le manette al padrino. Entrambi furono assolti. Qualche tempo dopo arrivarono le dichiarazioni di Michele Riccio, il quale raccontò che alle confidenze di Ilardo, che sarebbe stato ucciso nel 1996, Mori e Obinu gli avrebbero risposto che mancavano i mezzi tecnici per intervenire e che comunque avrebbe provveduto il Ros. E così i militari si limitarono a scattare qualche foto.

Nel 2007 la stessa Procura chiede l'archiviazione per tutti, ritenendo che mancasse la volontà di Mori, Obinu e del genarale Antonio Subranni di far scappare Provenzano. Il Gip Maria Pino non ci sta e ordina nuove indagini, usando parole dure contro il generale Mori. Il 4 gennaio 2008 le nuove indagini si concludono con un nuovo capo di imputazione: non solo Mori e Obinu non avrebbero attivato l'adeguato servizio a Mezzojuso, ma nulla fecero successivamente "nonostante Ilardo avesse confermato l'abitualità dell'utilizzo di quei luoghi per riunioni cui partecipava il latitante". Ed ancora: non si verificò la presenza di Provenzano in quella parte della provincia palermitana, né si indagò sulle persone (Giovanni Napoli e Nicolò La Barbera) indicate da Ilardo come l'anello di congiunzione tra Provenzano e gli altri capimafia. In più la notizia del mancato blitz fu comunicata solo nove mesi dopo, e quando ormai Ilardo era stato ammazzato.

Il 14 aprile 2008 arriva il rinvio a giudizio di Mori e Obinu per favoreggiamento aggravato dall'agevolazione di Cosa nostra, deciso dal gup Mario Conte. Ad un certo punto nel processo irrompe la figura di Massimo Ciancimino. Fu il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo a dire che "Provenzano era garantito da un accordo stabilito anche grazie a mio padre tra il maggio e il dicembre del 1992. Provenzano godeva di immunità territoriale in Italia grazie a questo accordo".

E si arriva fino ai giorni nostri con le pesanti richieste di pena: 9 anni per Mori, sei anni e mezzo per Obinu in un processo che nel frattempo si è trasformato in un'anticipazione, per altro sostanziosa e sostanziale, di un altro dibattimento, quello sulla trattativa Stato-mafia. La mancata cattura del padrino Corleonese sarebbe stata una tappa del presunto e scellerato patto che pezzi dello Stato, dal ’92, avrebbero stretto con Cosa nostra.

Mario Mori e mauro Obinu: i pubblici ministeri li hanno definiti “servitori infedeli dello Stato”, traditori della Costituzione e dell'Arma dei carabinieri. “Non è stato facile - disse nella requisitoria il pm Di Matteo - accusare ufficiali con i quali avevamo lavorato, non è agevole affrontare il rischio che il processo sia inteso come un atto d'accusa a tutto il Ros dei carabinieri.Ma gli elementi a carico degli imputati sono gravi, precisi e convergenti al di là di ogni ragionevole dubbio”. E portavano diritto, secondo l'accusa, alla conclusione che Mori e Obinu, “contribuirono ad adottare una politica criminale sciagurata che portò alla mediazione e finì per favorire l’ala ritenuta più moderata di Cosa nostra, quella di Bernardo Provenzano, nella consapevolezza che questi avrebbe scelto la linea del basso profilo e della normalizzazione e messo fine alla strategia stragista”.

Secondo l'accusa, il patto Stato-mafia sarebbe passato attraverso la sostituzione di Vincenzo Scotti con Nicola Mancino al vertice del Viminale e l’avvicendamento al Dap. Due mosse politiche che, per l’accusa, avrebbero allontanato dal ministero dell’Interno un personaggio scomodo per la mafia e messo alla guida dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria due personaggi, Adalberto Capriotti e Francesco Di Maggio, favorevoli a un sostanziale ammorbidimento del carcere duro per i boss. Un capitolo, quello del 41 bis, al centro del cosiddetto «papello», l’elenco che, a giugno del 1992, Totò’ Riina avrebbe fatto avere allo Stato per fare cessare le bombe.

Una tricostruzione che gli imputati hanno sempre respinto con fermezza. "L'accusa rivolta ai miei ufficiali e a me di avere perseguito obiettivi di politica criminale è offensiva, in quanto gratuitamente espressa – disse Mori - Tale grave accusa, infatti, pronunciata in un'aula di giustizia, senza che sia sostenuta da concreti elementi di riscontro, si configura semplicemente come un calunnioso espediente dialettico, mirato a fare prevalere comunque una tesi di parte. E che questa affermazione sia infondata e di parte io non lo affermo solamente, ma lo dimostrerò con le mie dichiarazioni". Sulla stessa lunghezza d'onda il colonnello Obinu. "Mi sembrano davvero assurdi i sillogismi e le deduzioni che legano, non si capisce in che modo, il mio operato alla protezione di latitanti come Bernardo Provenzano. Alle caustiche espressioni usate contro di me nella requisitoria non voglio replicare".

Oggi il Tribunale gli ha dato ragione. Trenta minuti dopo le 17, il presidente Fontana li manda assolti. Fuori dall'aula qualche rappresentante del movimento delle agente rosse grida “vergogna, vergogna”. E adesso l'attenzione si sposta sulle motivazioni. Ci vorranno tre mesi per conoscere le ragioni del verdetto che offre, sin d'ora, spunti di riflessione. L'assoluzione è con la formula perché il fatto non costituisce reato. Dunque, il fatto sarebbe stato commesso ma senza dolo? Porprio come avvenne nel caso della mancata perquisizione nel covo di Riina? E perché la trasmissione degli atti alla Porcura per valutare le deposizioni di Riccio e Ciancimino? Quali passaggi delle loro dichiarazioni non hanno convinto il Tribunale? Interrogativi aperti. La storia oggi, però, dice che Mori e Obinu non hanno commesso alcun reato.

MOLTO INTERESSANTE ED ESAUSTIVO IL DOCUMENTO CHE SEGUE, LUNGA RICOSTRUZIONE DI MARCO TRAVAGLIO IL QUALE COMUNQUE IN QUESTA MATERIA SI BASA SU DATI OGGETTIVI MOLTI DEI QUALI SONO NOTI A TUTTI.
 http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=bnqmr4usdr0

Nessun commento:

Posta un commento