STORIA
13/08/2014 12:15
Sant'Anna di Stazzema e i partigiani assassini/1
Dopo settant'anni diventa necessario riflettere sulle vicende che insanguinarono lo Stivale in quell'epoca di odio cieco
"Una delle pagine più infami della 'guerra privata' scritta dai comunisti, col sangue di centinaia di innocenti"
"Una delle pagine più infami della 'guerra privata' scritta dai comunisti durante la guerra civile. È una pagina scritta col sangue di centinaia di innocenti. Una pagina veramente incredibile nella sua agghiacciante assurdità": così Giorgio Pisanò definisce la strage di Sant'Anna di Stazzema del 12 agosto 1944. "I partigiani rossi - scrive ancora - provocarono coscientemente la rappresaglia tedesca, lasciarono quindi che le SS massacrassero centinaia di civili e tornarono, quindi, a strage ultimata, per rapinare i cadaveri delle vittime".
Una pagina buia della nostra storia, buia e triste, tra le più brutte che l'Italia ricordi. Che ricorda, però, raccontandone troppo spesso solo un pezzo. La vicenda di Sant'Anna di Stazzema, in realtà, è ben più tragica, se possibile, di quanto riportato sui libri di storia. Più buia, e più triste, perché a causare il massacro di tutti quei civili furono altri italiani, partigiani rossi, avvezzi nell'epoca della guerra civile a provocare spargimento di sangue al fine di ergersi ad eroi della Patria e a far ricadere sull'altra parte l'anatema dei decenni a venire. Lo abbiamo visto spesso, e il lettore attento lo ricorderà: abbiamo parlato degli assassinii di Ghisellini, di Resega, di Facchini, di Capanni, tutti orditi al solo fine di seminare odio, spargere sangue, suscitare rappresaglie, negare ogni ipotesi di pacificazione e di fine dell'orrore. Accadde molto spesso, accadde per esempio a Via Rasella, che provocò lo scempio delle Ardeatine, scientemente e consapevolmente. Accadde a Bettola, sull'Appennino reggiano, a Marzabotto, nel biellese, e sono solo alcuni esempi. Accadde anche a Sant'Anna di Stazzema, alla cui vicenda è dedicato il piccolo approfondimento di oggi, in concomitanza con il triste anniversario di quella orrenda strage.
La vicenda di Sant'Anna di Stazzema comincia nella primavera del 1944: a raccontare a Giorgio Pisanò com'era la situazione in quello che fino ad allora era stato un angolo di paradiso è Duilio Pieri, che nella strage perse il padre, la moglie, due fratelli, le cognate e quattro nipotini e che nel 1945 era divenuto presidente del Comitato vittime civili di guerra della zona: "Giunse la primavera del 1944 - dice Pieri - E, con la primavera, cominciarono a farsi vivi i primi partigiani". Pisanò è abituato a raccontare i fatti portando le prove di quello che dice, dunque ascoltò anche Amos Moriconi, che nella strage aveva perso la moglie, la figlia di due anni, la madre, due sorelle, un fratello e il suocero. "Li vedemmo apparire a Sant'Anna verso la fine di marzo - racconta - e li accogliemmo così come avevamo accolto gli sfollati, fraternamente, pronti ad aiutarli. Nessuno di noi sollevò questioni di natura politica. Ma ci accorgemmo ben presto che la nostra umanità non era molto apprezzata. Gli sbandati, infatti, si accamparono sul crinale delle montagne che sovrastano a semicerchio il paese e pretesero che noi li rifornissimo di viveri. Non ci restò che piegarci alla imposizione. Ma, nonostante ciò, questi individui cominciarono a perquisire le abitazioni, portando via tutti i viveri che trovavano. Il malumore serpeggiò ben presto tra la popolazione, ma ogni tentativo di ribellione venne soffocato con la minaccia delle armi spianate". È facile e comodo presentarsi in un paesino di agricoltori, allevatori ed artigiani, gente povera e semplice, che non dispone di armi, e pretendere qualsiasi cosa. Ed è facile organizzare un gruppo di sbandati in un manipolo di guerrafondai. Cosa che avviene presto, infatti: nasce così la Brigata 10 bis Garibaldi. "Molti fascisti furono uccisi nelle loro abitazioni - racconta ancora Pisanò - spesso sotto gli occhi dei familiari. Altri invece vennero condotto prigionieri tra le montagne, e lì trucidati senza alcuna parvenza di processo. Ma queste azioni provocarono solo raramente la rappresaglia dei fascisti. Nella zona di Sant'Anna anzi le camicie nere non effettuarono mai rastrellamenti. Né i tedeschi si scaldavano eccessivamente per questi episodi di guerra civile tra italiani. Quando però i partigiani comunisti accentuarono la loro attività nei confronti delle truppe germaniche, fu subito chiaro che le ritorsioni non si sarebbero fatte attendere".
Nessuna rappresaglia è giustificabile, di nessun genere - sebbene sia una pratica consolidata ed ammessa, con determinate regole ed entro certi limiti, dalle leggi di guerra - e non c'è alibi che tenga per un massacro di civili, questo è evidente. Ma assegnare a ciascuno le proprie responsabilità deve essere un dovere: verso se stessi, verso chi legge e verso la nostra storia. È per questa ragione che la vicenda di Sant'Anna, come le tante dello stesso genere, va raccontata tutta. L'epilogo di questa orribile storia di sangue è l'argomento della seconda parte di questo piccolo speciale, on line domani sul Giornale d'Italia. (... continua ...)
Emma Moriconi
emoriconi@ilgiornaleditalia.org
Emma Moriconi
orrende verità
14/08/2014 12:30
Postato da centrillo
Siamo costantemente bombadati da una propaganda di sinistra che non ammette controrepliche, le stragi sono solo nazi fasciste e se ci sono controdeduzioni sono bollate come false e antiitaliane. Ciononostante bisogna far emergere le orrende verità di una lotta fratricida che vide bande comuniste compiere stragi private ammantate di lotta per la libertà
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