giovedì 3 settembre 2015

All. nr.293) LA PRECISIONE NON GUASTA MAI: BERLUSCONI CONDANNATO DA BILDERBERG (E DALLA CARA ANGELA).







La Trilaterale ed il Bilderberg condannano Berlusconi

Giancarlo Marcotti  9 Commenti

Ore 19:45 di giovedì 1 agosto 2013, va in onda l’ultima scena di una farsa colossale, la sentenza della Corte di Cassazione nei confronti del cosiddetto processo Mediaset che vedeva fra gli imputati anche Silvio Berlusconi.
La “Cupola” che vuole governare il mondo, la Commissione Trilaterale ed il Gruppo Bilderberg, tanto per capirci, cioè quell’insieme di faccendieri e uomini del malaffare che stanno soffocando il mondo occidentale portandolo alla rovina, crede così di aver raggiunto lo scopo che si era prefisso già da diversi anni, cioè distruggere politicamente e umanamente Silvio Berlusconi.
Viene anche rispettato il copione seguito da tutte le organizzazioni più spietate, e cioè che il nemico non va tanto eliminato “fisicamente” (potrebbe resistere “il mito”), ma ne va distrutta la figura, la moralità e l’integrità. L’arma impiegata per l’esecuzione è la Magistratura, che, in questi casi, a mo’ di rafforzativo, viene ribattezzata “Giustizia”.
Quale sia la colpa di Berlusconi, per la quale è stata emessa questa sentenza capitale da parte della Commissione Trilaterale, è evidente a tutti.
Berlusconi non è mai piaciuto all’establishment che Governa il mondo, è un imprenditore non un politico, ed anche una volta diventato Presidente del Consiglio continua a comportarsi da imprenditore, cioè cerca di fare gli interessi economici dell’Italia senza dare peso agli equilibri geopolitici, quindi si attira immediatamente le antipatie delle burocrazie del Vecchio Continente e, inevitabilmente si scontra con l’oligarchia finanziaria anglosassone.
Egli stringe amicizie, ovviamente nell’interesse dell’Italia, con leader mondiali invisi alla Trilaterale (due nomi su tutti: Putin e Gheddafi) per garantirsi, ai migliori prezzi di mercato, le indispensabili risorse energetiche delle quali, uno Stato manifatturiero come il nostro, ha assoluta necessità.
Per certi versi, quindi la persona alla quale potremmo paragonarlo è certamente Enrico Mattei. Anche se Mattei non ebbe mai incarichi politici senza dubbio era colui che “guidava” la politica economica nazionale e lo fece nel solo interesse del nostro Paese, sappiamo tutti, poi, la fine che gli fecero fare le multinazionali del petrolio americane.
Come dicevo, oggi, non si usa più far precipitare un aereo facendolo passare per un guasto, Berlusconi, in un caso del genere, sarebbe diventato un “martire”, si preferisce invece, proprio come fanno le mafie, distruggere il nemico dal punto di vista morale, occorre infangarlo ed attribuirgli tutti i peggiori crimini.
Un comportamento ancora più umiliante rispetto all’eliminazione fisica.
D’altronde questo “metodo” era già stato utilizzato con successo nei confronti di Bettino Craxi e Giulio Andreotti, forse gli ultimi veri leaders politici che abbia avuto l’Italia.
A Craxi ed Andreotti non fu perdonata la vicenda di Sigonella, l’unico caso, nel dopoguerra, in cui Carabinieri italiani e forze speciali dell’esercito americano (i Navy Seal) furono ad un passo da uno scontro a fuoco. L’unico caso in cui uomini politici italiani ebbero il coraggio di rifiutarsi di obbedire agli ordini del Presidente degli Stati Uniti rispondendogli che: “Sul suolo italiano, comandano gli italiani”.
Quel gran rifiuto nei confronti dell’allora Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan costò loro praticamente la vita perché fu scatenata la Magistratura che in due procedimenti diversi li accusò delle più infamanti nefandezze.
Oggi tocca a Berlusconi, la storia si ripete, all’uomo di Arcore è stato intimato più volte di lasciare la politica, avrebbe avuto una vita di lussi continuando a fare l’imprenditore, ma sappiamo che nel vocabolario del Cavaliere non esiste la parola “sconfitta” e lui ha opposto un rifiuto.
Volete una prova di questa mia tesi? Semplice!
Qual è l’emblema per eccellenza della finanza mondiale? Cosa legge prima di ogni altra cosa un uomo d’affari in qualunque luogo al mondo si trovi? Sì certo, nessun dubbio …
Il Financial Times
Ed il Financial Times come titola dopo la conferma della sentenza da parte della Cassazione? Così …
“Cala il sipario sul buffone di Roma”
Un linguaggio che non si può trovare neppure in un tazebao di un Centro Sociale.
Un titolo del genere è più che una firma, e non lascia dubbi su chi siano i mandanti.
Ed ora come andrà a finire?
Nessuno lo può ancora sapere, nemmeno la Trilaterale che pensava già di aver “ucciso” politicamente Silvio Berlusconi quando nel novembre del 2011 organizzò il colpo di Stato in Italia che portò al governo Mario Monti.
Che si sia trattato di un colpo di Stato, penso che non ci siano dubbi. Se in un giorno viene deposta la persona democraticamente eletta alla carica di Presidente del Consiglio e sostituita con un’altra che non ha nessuna legittimazione popolare, beh, come possiamo chiamarlo se non golpe?
Come non c’è alcun dubbio su chi abbia ordito il golpe visto che in quel momento Mario Monti è il Presidente per l’Europa della Commissione Trilaterale, mandato che lascia a Jean Claude Trichet assumendo la carica di Premier in Italia.
Nelle elezioni dello scorso febbraio, però, Berlusconi, dato da tutti per spacciato, compiva il miracolo, risultando il vero vincitore morale della tornata elettorale e ribaltando un pronostico che non gli dava chance, quindi anche oggi seppur formalmente fuori dai giochi, non si può dire che il Cavaliere abbia chiuso la sua avventura politica.
Certo che se dovesse rinascere anche questa volta come un’Araba Fenice si dovrebbe davvero gridare al miracolo, ma, come si dice, quando c’è di mezzo Silvio Berlusconi … mai dire mai.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro    


1 h ·

foto di Dimissioni e tutti a casa.

  • Mauro Masoni Lorenzo ok, praticamente è cosa certa che tra i signori di cui sopra non si salva nessuno !
    Anzi, per correttezza e per amor di precisione e verità mi sembra di scorgere una persona la quale, nonostante i suoi difetti, si differenzia (e non poco) da tutti gli altri.
    Silvio Berlusconi, (antipatie a parte) è sempre stato noto per la sua generosità sia nei confronti di singoli che verso fondazioni, o centri o adozioni a distanza etc.-
    Quì di seguito riporto un elenco dettagliato di tutte le sue (certificate) donazioni che un istituto ha raccolto.
    Inoltre si deve considerare che i "Gruppi" fondati da Berlusconi (e dei quali, dalla sua entrata in politica non è più responsabile), rappresentano il più alto introito per l'erario e di conseguenza possiamo dire che da oltre trenta anni, con una infinitesima parte delle tasse versate da quei gruppi, vendono corrisposti gli stipendi a tutti i "Mangiapane a tradimenti di Montecitorio".
    Inoltre, sempre da oltre trenta anni, gli stessi Gruppi forniscono lavoro continuativo ad oltre "Cinquantamila" persone.
    Prima dell'elenco che segue, dobbiamo ricordare che, sempre da tre decenni circa, una intera procura della repubblica ha lavorato (per modo di dire), esclusivamente per cercare qualcosa da imputare a Berlusconi ed i risultati, (Zero), dimostrano che sarebbe stato sicuramente più produttivo se quella procura avesse impiegato sia il tempo che le centinaia di milioni di euro, per combattere il crimine.
    Ciò lo si può affermare in quanto Berlusconi è sempre stato assolto da tutte le varie imputazioni ed a proposito dell'unica sentenza di condana, quella del noto giudice "Esposito", beh, trattasi di un palese falso ideologico in quanto, come sopra già riportato, Berlusconi non può essere responsabile di una frode in quanto dal 1992 "Privo" del potere di firma per quei bilanci.
    Ed inoltre si precisa anche che, il firmatario, Fedele Confalonieri, era già stato giudicato ed "Assolto" dalla seconda sezione della Cassazione perchè "IL fatto non sussiste" ma oramai era già stato deciso che Berlusconi doveva essere "Eliminato dalla scena Politica" e quindi.......
    Comunque, parlando di Berlusconi è bene sapere anche che:

    LA GENEROSITA’ DI BERLUSCONI , CIRCA 9 MILIONI DI EURO IN BENEFICENZA…ECCO COME !
    14/09/2012
    25 Votes

    Silvio Berlusconi negli ultimi anni ha sfiorato , DEVOLVENDOLI IN BENEFICENZA , i 9 milioni di euro, cifra devoluta ad enti, istituzioni, persone fisiche. Ecco alcune documenti mostrati dalle telecamere nel servizio: -Sia – Società italiana per l’amiloidosi, una malattia rara, 50.000 euro; Dipartimento di scienze e tecnologie agroambientali di Bologna, tre tranche per un totale di quasi 39.000 euro; Università di Bologna -. Alma mater – due tranche per un totale di 36.000 euro; Comunità incontro di don Gelmini, 5 milioni di euro; Pio albergo Trivulzio – 500.000. E poi ancora scuole, orfani, ospedali, sacerdoti, vedove di caduti in missione, sono le persone e le associazioni beneficiarie delle elargizioni del premier. Tra queste la Scuola San Giuliano di Puglia, l’associazione «I ragazzi di Scampia», l’Ospedale San Raffaele di Milano, l’AIL – Associazione Italiana Leucemie. I bonifici ai quali si riferisce il documento – composto di tre pagine – riguardano le donazioni effettuate negli ultimi anni dal Cavaliere.Ma non è finita qui :
    Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a titolo personale ha deciso di ‘adottare a distanza’ 660 orfani, vittime del maremoto nello Sri Lanka. Lo ha reso noto don Arturo Lorini responsabile per le adozioni a distanza del Salesiani.
    Nel corso della sua visita all’istituto Salesiano di Milano, Berlusconi ha infatti deciso di donare 500 mila euro alla Fondazione del Salesiani che si occupa di oltre 15 mila bambini nel mondo ed in particolare in Brasile, Etiopia, Equador e Sri Lanka.
    Dopo il terremoto a L’Aquila , il presidente Berlusconi dona 200 mila euro a “L’Aquila Rugby 1936″.
    Potremo andare avanti citando casi singoli e personali in cui il Cavaliere ha aiutato economicamente i cittadini di tutta Italia , pertanto vi invito a commentare e raccontare voi stessi situazioni di cui siete a conoscenza .

    Di Marinella Tomasi

    LO DICE IL CAPO DELL'ISTAT TEDESCA









    Berlusconi voleva uscire dall'euro
    La prova arriva dalla Germania

    berlusconi euro
    Lo sappiamo come è andata a finire: Silvio Berlusconi che si fa da parte e il campione dell'europeismo (da altri definito "servo della Merkel") Mario Monti che sale a Palazzo Chigi. L'Italia che resta nell'euro e obbedisce a tutti i diktat di Bruxelles. La storia, però, avrebbe potuto andare diversamente: nell'autunno del 2011, quindi poche settimane prima di dimettersi, il cavaliere aveva avviato le trattative in sede europea per uscire dalla moneta unica. E a dirlo non è un fedelissimo berlusconiano o un antieuropeista. Ma Hans-Werner Sinn, presidente dell'istituto di ricerca congiunturale tedesco, Ifo-Institut, durante il convegno economico "Fuehrungstreffen Wirtschaft 2013" organizzato a Berlino dal quotidiano "Sueddeutsche Zeitung". Il pratica, il capo di quello che in Germania è l'equivalente dell?istat italiano, il nostro istituto di statistica. Sinn si è poi calato nel ruolo del classico spaventapasseri/becchino europeo, dicendo  di "non sapere per quanto ancora l'Italia ce la farà a restare nell'Unione Europea: l'industria nel nord del paese sta morendo, i fallimenti delle imprese sono ormai alle stelle e la produzione industriale è in continuo calo". E che la possibilità di un'uscita, forzata o voluta, "è sempre concreta per Francia, Grecia e Italia", sottolineando che il salvataggio di due paesi come la Francia e l'Italia" ci costerebbe qualcosa come 4.500 miliardi di euro".
    Tra i sostenitori del complotto ai danni dell'allora premier Silvio Berlusconi, proprio per impedirgli di portare il Paese fuori dall'euro, c'è Lorenzo Bini Smaghi, ex membro della Banca centrale europea. In un suo recente libro intitolato "Morire di austerità" (editrice Il Mulino), l'economista spiega come "la minaccia di uscita dall'Euro non sembra una strategia negoziale vantaggiosa. Non è un caso che le dimissioni di Berlusconi siano avvenute dopo che l'ipotesi di uscita dall'Euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi di altri paesi".
  • a commentare e raccontare voi stessi situazioni di cui siete a conoscenza .

    Di Marinella Tomasi


    "Il Cav aveva avviato le trattative a Bruxelles per uscire dall'euro"

    Il presidente dell'Ifo-Institut tedesco: "Nel 2011 Berlusconi aveva avviato trattative per far uscire l'Italia dall'euro". Per questo, sarebbe poi stato costretto a dimettersi


    Quello che, fino a qualche settimana fa, era stato accolto come un inquietante retroscena, oggi prende i contorni di un vero e proprio complotto ai danni dell'Italia.
    Nel libro Morire di austerità Lorenzo Bini Smaghi, l'ex board della Bce che oggi presiende la Snam Rete Gas, ha scritto che nel 2011 Silvio Berlusconi aveva "ventilato in colloqui privati con i governi di altri Paesi dell'Eurozona l'ipotesi di una uscita dall'euro".
    Per questo, sarebbe poi stato costretto a dimettersi da Palazzo Chigi. In realtà, il Cavaliere non si sarebbe solo limitato a "ventilare" questa ipotesi, ma aveva addirittura già avviato le trattative in sede europea per uscire dalla moneta unica. A rivelarlo è Hans-Werner Sinn, presidente dell'istituto di ricerca congiunturale tedesco, Ifo-Institut, durante il convegno economico Fuehrungstreffen Wirtschaft 2013 organizzato a Berlino dal quotidiano Sueddeutsche Zeitung.
    Tocchi l'Europa e muori. Più si mettono insieme i pezzi del puzzle, più sembra chiaro che quello che inizialmente sembrava un vero e proprio attacco speculativo ai danni dei nostri titoli di Stato per far cadere il governo Berlusconi, adesso assume i toni di una resa dei conti ai danni del Cavaliere. L'allora presidente del Consiglio sarebbe stato fatto fuori perché, per non far morire il Paese dell'austerità imposta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, aveva deciso di tirar fuori l'Italia e gli italiani dal gigo della moneta unica. Quella moneta unica, l'euro, che un altro ex presidente del Consiglio (Romano Prodi) aveva super valutato gettando l'economia del Belpaese nella recessione. Come riporta anche l'Huffington Post, Sinn ammette che, nell'autunno del 2011, Berlusconi aveva "avviato trattative per far uscire l'Italia dall'euro". Intervenendo in un dibattito sulla crisi economica e sugli effetti disastrosi che sta avevndo sui paesi meridionali dell'Eurozona, il presidente dell'Ifo-Institut ha ammesso di "non sapere per quanto ancora l'Italia ce la farà a restare nell'Unione Europea: l'industria nel nord del paese sta morendo, i fallimenti delle imprese sono ormai alle stelle e la produzione industriale è in continuo calo".
    "La possibilità di un'uscita (forzata o voluta, ndr) è sempre concreta per Francia, Grecia e Italia", ha spiegato Sinn facendo presente che il salvataggio della Francia e dell'Italia costerebbe all'Unione europea "qualcosa come 4.500 miliardi di euro". Berlusconi sapeva molto bene che tenere il Paese ancorato ai diktat dell'Unione europea e all'austerity voluta dalla Merkel non avrebbe fatto altro che mettere ulteriormente in ginocchio il Paese. Da qui l'idea di uscire dall'euro. Una crociata che gli è costata la poltrona a Palazzo Chgi. Non appena ha avviato le pratiche per dire addio all'Eurozona, lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi è stato preso d'assalto dalla speculazione ed è arrivato a soglie drammatiche. Un vero e proprio imbroglio che ha minacciato di far collassare l'economia reale del Paese. Le pressioni dei tecnocrati di Bruxelles e dei poteri forti mondiali hanno portato Berlusconi a rassegnare le dimissioni. Era l'11 novembre del 2011. Da allora l'Italia non ha più avuto un governo eletto dal popolo: prima ci è toccato il "tecnico" Mario Monti, ora il piddì Enrico Letta. Ma la solfa non è mai cambiata.
    "La minaccia di uscita dall'euro non sembra una strategia negoziale vantaggiosa - scrive Bini Smaghi nel suo libro - non è un caso che le dimissioni di Berlusconi siano avvenute dopo che l'ipotesi di uscita dall'euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi di altri paesi". La pratica, in realtà, era già arrivata sul tavolo della Merkel. Berlusconi non voleva limitarsi a minacciare, a fare la voce grossa, ma voleva tirar l'Italia fuori dal pantano e sapeva bene che per farlo non aveva altra scelta che uscire dalla moneta unica. Questa è una certezza. Adesso non resta che capire chi è riuscito a sovvertire un governo eletto dal popolo italiano perché contrario alla sua politica economica.
    

    L'ELENCO DEI 43 MASSONI ITALIANI DEL GRUPPO BILDERBERG



    L’elenco degli italiani che hanno partecipato almeno una volta al gruppo Bildeberg, la loggia massonica più potente al mondo, comprende 43 nomi.

    Il nome e il cognome dei soci e la carica che ricoprivano al momento della partecipazione alla lobby.
    AGNELLI GIOVANNI, Presidente Gruppo Fiat
    AGNELLI UMBERTO, Presidente Gruppo Fiat
    AMBROSETTI ALFREDO, Presidente Gruppo Ambrosetti
    BERNABE’ FRANCO, Ufficio italiano per la Ricostruzione nei Balcani
    BONINO EMMA, Membro della Commissione Europea
    CANTONI GIAMPIERO, Presidente BNL
    CARACCIOLO LUCIO, Direttore Limes
    CAVALCHINI LUIGI, Unione Europea
    CERETELLLI ADRIANA, Giornalista, Bruxelles
    CIPOLLETTA INNOCENZO, Direttore Generale Confindustria
    CITTADINI CESI GIANCARLO, Diplomatico USA
    DE BENEDETTI RODOLFO, CIR
    DE BORTOLI FERRUCCIO, RCS libri
    DE MICHELIS GIANNI, Ministro degli Affari Esteri
    DRAGHI MARIO, Direttore Min. Tesoro
    FRESCO PAOLO, Presidente Gruppo FIAT
    GALATERI GABRIELE, Mediobanca
    GIAVAZZI FRANCESCO, Dicente Economia Bocconi
    LA MALFA GIORGIO, Segretario nazionale PRI
    MARTELLI CLAUDIO, Deputato – Ministero Grazia e Giustizia
    MASERA RAINER, Direttore generale IMI
    MERLINI CESARE, Vicepresidente Council for the United States and Italy
    MONTI MARIO, Commissione Europea
    PADOA SCHIOPPA TOMMASO, BCE Banca Centrale Europea
    PASSERA CORRADO, Banca Intesa
    PRODI ROMANO, Presidente UE
    PROFUMO ALESSANDRO, Credito Italiano
    RIOTTA GIANNI, Editorialista La Stampa
    ROGNONI VIRGINIO, Ministero della Difesa
    ROMANO SERGIO, Editorialista La Stampa
    ROSSELLA CARLO, Editorialista La Stampa
    RUGGIERO RENATO, Vicepresidente Schroder Salomon Smith Barney
    SCARONI PAOLO, ENEL Spa
    SILVESTRI STEFANO, Istituto Affari Internazionali
    SINISCALCO DOMENICO, Direttore Generale Ministero Economia
    SPINELLI BARBARA, Corrispondente da Parigi – La Stampa
    STILLE UGO, Corriere della Sera
    TREMONTI GIULIO, Ministro dell’Economia
    TRONCHETTI PROVERA MARCO, Pirelli Spa
    VELTRONI VALTER, Editore L’Unità
    VISCO IGNAZIO, Banca d’Italia
    VITTORINO ANTONIO, Commissione Giustizia UE
    ZANNONI PAOLO, Manager gruppo FIAT

    www.free-italy.info

    •  
    • 6 GIUGNO 2013

    La storia del gruppo Bilderberg

    di Domenico Moro

    L’organizzazione delle élites internazionali nel libro Club Bilderberg



    bilderberg_foglia

    È importante notare che ben 7 su undici degli italiani che hanno fatto parte dello Steering Committee nella storia del Bilderberg sono stati legati, seppure in modalità diverse, al gruppo Fiat. Senza contare che anche l’attuale e unico membro italiano dello Steering, Franco Bernabè, è passato per la Fiat, in gioventù come Chief Economist nell’ufficio pianificazione e successivamente come membro del Cda. Ad ogni modo, dei 7 «uomini Fiat», Gianni e Umberto Agnelli appartengono alla famiglia fondatrice che ancora controlla il gruppo. La presenza degli Agnelli e della Fiat in organizzazioni a forte presenza Usa come il Bilderberg e la Trilaterale non deve stupire. Essi hanno stabilito fin dall’origine con gli Usa un forte legame, che con la recente acquisizione della Chrysler si è consolidato anche sul piano industriale. Il capostipite della famiglia, Giovanni Agnelli, era amico di un altro magnate statunitense dell’auto, Henry Ford. Il nipote Gianni, l’“avvocato”, il cui bisnonno materno, George W. Campbell, fu ministro del Tesoro Usa, era in gioventù membro del jet-set internazionale, divenendo amico di personalità influenti come John Fitzgerald Kennedy, presidente Usa. Dal 1966 alla morte, avvenuta nel 2003, Gianni occupò la carica di presidente della Fiat. Il fratello Umberto, già presidente dell’Ifil, la «cassaforte» di famiglia, gli successe nel 2004 come presidente del Gruppo Fiat. L’importanza di Gianni Agnelli nel Bilderberg è testimoniata dalle parole di un abituale frequentatore degli incontri del gruppo: «Nelle occasioni in cui fui presente, Agnelli era in qualche modo, così mi sembrò, la figura chiave; la figura cui gli altri facevano riferimento e si rimettevano».
    Uomo Fiat fu anche Vittorio Valletta, che aderì alla massoneria negli anni Venti e che diventò amministratore delegato della Fiat nel 1939. Epurato nel 1944 dal Comitato nazionale di liberazione (Cnl) per collaborazionismo con l’occupante tedesco, fu reintegrato nel suo ruolo nel 1946 divenendo anche presidente della Fiat fino al 1966. Dal mondo della burocrazia economica e politica europea ed internazionale provengono 6 personaggi, di cui 4 hanno fatto parte del mondo Fiat. Il marchese Gian Gaspare Cittadini-Cesi fu ambasciatore e segretario generale di quella che sarebbe diventata l’Organization for Economic Cooperation and Development (Ocse) e amministratore delegato di Fiat Francia. Straordinaria è la figura di Renato Ruggero, che ha attraversato tutti gli ambiti, accumulando incarichi di vertice ai livelli politico-burocratico nazionali e soprattutto internazionali. Fu capo gabinetto e poi portavoce (1977) del presidente della Commissione europea e tra i negoziatori dell’entrata dell’Italia nel Sistema monetario europeo (Sme), che anticipò l’euro. Divenne successivamente ambasciatore italiano a Bruxelles e segretario generale del ministro degli Esteri (massima carica della diplomazia italiana). Dal 1987 al 1991 fu ministro degli Esteri in due governi successivi e dal 1991 al 1995 responsabile delle relazioni internazionali del Gruppo Fiat. Dal 1995 al 1999 fu direttore generale del Wto e poi presidente dell’Eni. Nel 2006 fu ministro degli esteri, ma solo per sei mesi dopodiché diede le dimissioni dal governo di Silvio Berlusconi, che non sembra avere un gran feeling con la Fiat in particolare e con i membri del Bilderberg. Tra questi c’è sicuramente Tommaso Padoa-Schioppa, alla cui nomina come governatore della Banca d’Italia Berlusconi si è sempre opposto. Ad ogni modo, la carriera di Padoa-Schioppa è stata notevole. Direttore generale per l’economia e le finanze della Commissione Europea nel periodo di lancio dello Sme (1979-1983), vicedirettore della Banca d’Italia (1984-1987), membro del comitato istituito dal presidente della Commissione europea Delors, suo amico personale, per redigere il progetto di Unione monetaria europea, presidente Consob, membro del comitato esecutivo della Bce (1998-2006), ministro dell’Economia con il Prodi II (2006-2008), presidente del comitato monetario e finanziario internazionale dell’Fmi, e, dulcis in fundo, membro del consiglio di amministrazione di Fiat industrial (2010).
    Un altro membro autorevole del Bilderberg con cui Berlusconi non sembra essersi sempre inteso è Mario Monti, ben noto come ex rettore e presidente del consiglio d’amministrazione della Università Bocconi. Meno risaputo è che anche Monti, amico personale di Gianni Agnelli, è stato un uomo Fiat. Nel 1989, a soli 46 anni, fece tris d’assi, stando contemporaneamente nel consiglio d’amministrazione della Fiat, della Banca Commerciale italiana e delle Assicurazioni Generali. Successivamente Berlusconi lo mandò a Bruxelles come commissario europeo, dove ebbe la delega al mercato interno e all’integrazione e ai servizi finanziari. Quando D’Alema, nuovo presidente del Consiglio, lo riconfermò, gli fu data la delega alla concorrenza che mantenne fino al 2004. Fatto questo che non gli ha impedito di diventare successivamente consulente antitrust della Coca-cola e di Goldman Sachs. Presidente europeo della Commissione Trilaterale e membro del Bilderberg, se ne dimise nel momento in cui fu nominato presidente del Consiglio dei ministri da Napolitano in sostituzione di un Berlusconi ormai inviso a una buona fetta dell’élite italiana e soprattutto transnazionale.
    Ma, forse il “calibro” più grande tra gli uomini Bilderberg italiani, almeno tra i burocrati-politici, è un altro professore: Romano Prodi. Presidente Iri, quando questa era una delle prime conglomerate del mondo, Presidente della Commissione europea e due volte presidente del Consiglio dei ministri italiano. La presenza di Prodi (e di Padoa-Schioppa) nello Steering Committee è abbastanza significativa di quanto il Bilderberg sia capace di mettere insieme figure conservatrici e progressiste, di centrodestra e di centrosinistra. E probabilmente è ancora più significativo del fatto che differenze tra le due ali dello schieramento politico non ce ne sono, o almeno non ce ne sono di significative per quanto attiene agli interessi del network del capitale transnazionale. L’elemento dominante è l’adesione alla prevalenza del mercato autoregolato sull’intervento statale. Non a caso Prodi fu l’artefice del progressivo smantellamento dell’Iri e della privatizzazione delle banche e dell’industria di Stato, nonché di provvedimenti di liberalizzazione in molti settori. Tuttavia, come il rapporto tra capitale finanziario e Stato muta, così mutano anche le personalità del Bilderberg. Infatti, nello Steering Committee fu presente anche Pasquale Saraceno, grande commis d’État italiano. Economista di orientamento cattolico come Prodi (fu anche docente alla Cattolica di Milano) entrò nell’Iri già durante il fascismo. Nel dopoguerra, da consulente del ministro Vanoni, fautore dell’intervento dello Stato in economia, e di altri ministri democristiani fu tra i sostenitori della programmazione economica e della Cassa del Mezzogiorno, nonché il fondatore dell’Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno (Svimez). Anche lui come altri del Bilderberg, inoltre, fece il suo necessario passaggio europeo, come rappresentante italiano nella Commissione economica per l’Europa di Bruxelles e consigliere della Banca europea degli investimenti (Bei), l’istituzione che dal 1957 finanzia gli investimenti per il raggiungimento degli obiettivi europei. Terminiamo la nostra carrellata sui membri italiani del comitato direttivo del Bilderberg con gli ultimi due personaggi, forse minori ma ugualmente significativi. Il primo è Stefano Silvestri, che è stato sottosegretario alla Difesa tra 1995 e 1996 e, oltre ad essere consulente di ministri della Difesa, Esteri e Industria, è presidente dell’Istituto Affari internazionali (Iai), un think-tank italiano impegnato sulle questioni militari e di chiaro indirizzo «atlantico». Il secondo è Paolo Zannoni, un top manager collegato al capitale transazionale di origine Usa ed italiana. Zannoni, di cui si dice che fossero ottime le entrature con Gianni Agnelli, è stato presidente di Prysmian Spa, azienda italiana leader mondiale nel settore cavi e sistemi per il trasporto di energia e telecomunicazioni, ma controllata da Goldman Sachs (banca collegata ai Rockefeller) con il 31,7 per cento e con la partecipazione di altre banche e fondi di investimento Usa, come Blackrock, JP Morgan Chase, Lazard. Oggi, Zannoni è sempre nell’orbita di Goldman Sachs, di cui è managing director, e siede nel consiglio d’amministrazione e nel comitato risorse umane di Atlantia, holding operante nelle infrastrutture e controllata dalla famiglia Benetton.

Nessun commento:

Posta un commento