venerdì 24 aprile 2015

All. nr. 278) " I PARTIGIANI E LA LORO STRAGE DI CODREVIGO" (una delle tantissime).

Quella strage partigiana che non deve essere raccontata
Di Vincenzo Scarpello, il - # - 16 commenti
0E’ in uscita nelle sale cinematografiche italiane il nuovo film del regista padovano Antonello Belluco, il Segreto d’Italia, che segna, tra l’altro, il ritorno sui grandi schermi di Romina Power.
Fin qui potreste prenderlo come la premessa del solito “marchettone cinematografico” che si fa per pubblicizzare il cinepanettone di turno, oppure la cervellotica tortura genitale prodotta da qualche oscuro regista coreano o azero, o peggio ancora l’ennesima boiata dell’intoccabile venerato maestro dell’arte modernissima, peggio ancora se ammantata di quello che chiamano “impegno civile”, uno degli eufemismi dietro cui si nascondono i cattivi giornalisti per definire un film schierato palesemente a sinistra.
Del Segreto d’Italia non sentirete mai parlare, in realtà, perché è un film che non doveva nascere, altro che quell’immondizia che circola su youtube spesso intitolata “guardatelo prima che la censura di regime lo cancelli per sempre”. Qui la censura preventiva c’è stata eccome, dal momento che nel mondo del cinema, se non fai atto di sottomissione militante ai valori immortali del buonismo di sinistra, non lavori nemmeno.
Bontà loro, dimostrazione che le formule repressive di epoca renziana, cattocomunista, sono tributarie alle peggiori dittature dei metodi più infami e subdoli, che trovano sponde insolite soprattutto in quelle istituzioni, che dovrebbero essere a servizio di tutti, indipendentemente dal loro modo di pensare.
Il film di Belluco non ha avuto sovvenzionamenti pubblici, non è stato dichiarato film di interesse storico e culturale, non ha avuto l’alto patrocinio della Presidenza della Repubblica o di qualche Comune, o di qualche Ente pubblico, o di qualche oscuro film festival. Soldi pubblici, eh, che in nome della “cultura” vanno solitamente a finire nelle tasche dei soliti cineasti da pattumiera, le cui insignificanti elucubrazioni sono premiate dal prestigioso premio “0 spettatori” nelle sale cinematografiche.
Il film di Belluco probabilmente non riceverà premi cinematografici, assegnati da critici annoiati ed autoreferenziali, non lo inviteranno a pubbliche presentazioni, né nei pomeriggi di qualche festival estivo, né nelle noiose assemblee di istituto di qualche scuola superiore.
Il film di Belluco non doveva uscire, semplicemente, ma nonostante tutto è ugualmente uscito, a prezzo di sforzi sovraumani del regista stesso e della produzione che si sono autotassati pur di portare a termine un progetto veramente coraggioso.Tutto questo fuoco di sbarramento preventivo si capisce solo quando si legge la trama de “il segreto d’Italia”, che ha fatto inorridire tecnici, costumisti e società che lavorano a servizio delle produzioni cinematografiche, facendoli scappare a gambe levate, inorriditi come se si trovassero davanti ad un malato contagioso di una pericolosa epidemia.
L’epidemia, la malattia, in questo caso, si chiama Verità storica, perché il film di Belluco ha deciso di raccontare uno degli episodi sul quale sarebbe dovuto calare il silenzio, la damnatio memoriae che i vincitori impongono agli sconfitti. Ossia l’eccidio di Codevigo, avvenuto tra il 28 aprile 1945 ed il giugno dello stesso anno, a guerra ampiamente finita.
Gli autori della strage non furono feroci SS naziste della Totenkopfverbände né fu un regolamento di conti tra fascisti, espediente dozzinale, scorretto e miserabile, col quale certa pessima pubblicistica del dopoguerra cercava di giustificare le magagne compiute.
Gli autori furono Partigiani. E non solo i partigiani comunisti della brigata “Mario Gordini” i comunisti garibaldini comandati da una delle poche menti militarmente pensanti della resistenza, non a caso ex capomanipolo della Milizia fascista, quell’Arrigo Boldrini che, col nome di Bulow, portò la guerra dalle montagne alla pianura e alle aree metropolitane.
Non solo partigiani garibaldini, ma anche elementi dei soldati del gruppo di combattimento “Cremona”, quelli del Regno del sud, che a titolo personale si unirono alla mattanza, a guerra finita, di oltre 130 (ma alcune fonti parlano addirittura di 900 morti) appartenenti alla Guardia nazionale Repubblicana ed alle Brigate nere venete, che avevano commesso l’imperdonabile sbaglio di essersi arresi ai fratelli italiani, anziché al nemico angloamericano, pensando che la guerra fosse finalmente finita.
Ma l’odio fratricida doveva ancora consumarsi in maniera belluina e brutale, in modalità che non hanno nulla da invidiare ai barbari dell’ISIS, come dimostra la descrizione terribile e cruda dell’assassino della maestra elementare Corinna Doardo, prelevata dai partigiani e sottoposta a sevizie al punto che il medico poté accertare che solo un orecchio era rimasto intatto. Corinna fu poi fucilata e il suo cadavere fu abbandonato nudo nel cimitero.Se informazioni sul film possono essere assunte qui e sul massacro di Codevigo qui, quello che ci preme sottolineare è che ancora oggi si sta tentando di riesumare il metodo infame, proprio di certa cultura di “arco costituzionale”, di mettere a tacere i dissenzienti al sistema di marginalizzarli, dopo che la critica storica e la ricerca documentale negli archivi desecretati, quella seria, aveva, negli anni passati, messo in seria discussione i fondamenti stessi del mito della resistenza su cui si fonda l’altrettanto illogico ed irrazionale mito della genesi resistenziale della Repubblica e della Costituzione.
La reazione è stata violenta e comprensibilmente scorretta, posandosi su baroni universitari di regime, presentati come grandi storici, ma che ripetono allo sfinimento il mantra dei partigiani buoni, del fatto che questi eccidi a guerra finita furono episodi marginali, non comprendendone la portata e la loro funzionalità al preciso disegno politico che stava sotto, ossia eliminare preventivamente eventuali soggetti che si sarebbero un domani potuti opporre in armi al passaggio successivo della lotta di liberazione, così come immaginata dalla componente secchiana, maggioritaria delle brigate Garibaldi, ossia la trasformazione della guerra di liberazione in guerra rivoluzionaria, volta all’instaurazione in Italia di uno Stato comunista.
Alla ripetizione dogmatica, acritica della versione ufficiale, ripetuta nelle commemorazioni civili, anche quelle che con la guerra civile 1943-1945 non c’entrano nulla, si accompagna la denigrazione degli storici non allineati, sprezzantemente definiti revisionisti, quando non definiti fascisti mascherati da storici, e quando non si può proprio nemmeno negare l’evidenza, allora si impone la consegna del silenzio.
E’ un metodo ben congegnato che però contiene una falla significativa, quella del senso critico, della libertà e della coscienza, di chi non si fa influenzare da nessuna religione civile e da nessun dogma storico, dal momento che la libertà di ricerca storica non può essere ingabbiata in nessun altro recinto che non sia la metodologia scientifica. Vi è una pletora di cattedratici e sedicenti “operatori culturali” che in Italia campa grazie ai soldi elargiti a piene mani da istituzioni ed antistorici e costosi (al contribuente italiano) istituti storici, o da associazioni combattentistiche che per giustificare la propria esistenza ad oltre 70 anni dai fatti, cui sono sopravvissuti solo 90nni, tessera perfino i quattordicenni, a condizione che acriticamente accettino la versione univoca della storia, scritta e ripetuta in mala fede, perché non si può invocare il beneficio dell’ignoranza per personalità scientifiche che dovrebbero dare lustro alla cultura italiana, ma che ne costituiscono la più vergognosa ed inutile zavorra.E se poi ad una manifestazione in commemorazione ai caduti delle foibe qualche sprovveduto si mette a fare un gesto di archeologia politica, il saluto romano, interviene la solita Corte di Cassazione (che non è nuova, in tutti gli ambiti del diritto, a sentenze discutibilissime e ingiuste) con una sentenza le cui motivazioni, sorprendenti nella loro irrazionale cecità nei confronti dei principi basilari del diritto, addirittura si parla di un concreto pericolo attuale di ricostituzione del disciolto Partito Nazionale fascista. Che questi supremi giudici vivano in un iperuranio tutto loro, cercando di acchiappare fantasmi di un passato ormai morto e sepolto non è una spiegazione sufficiente. E’ doveroso criticare una Sentenza, rispettarla certo, quando essa è ingiusta secondo criteri sostanziali di diritto, ed è ancor più doveroso quando tale sentenza si inserisce in un clima infame di rappresaglia culturale a danno a chi non si allinea ancora oggi alla dogmatica resistenziale.
Ai dogmi si deve rispondere con la libertà, libertà di andare a vedere il film di Belluco, a sostenerlo e a diffonderlo, e a far conoscere i film scomodi per questo establishment istituzionale e culturale, come “Porzus” di Renzo Martinelli o “il sangue dei vinti” di Michele Soavi, e a non farsi intimidire dalle minacce, dai boicottaggi, dagli insulti mascherati da critiche, a maggior ragione quando vengono sputati da cattivi maestri, spacciati per luminari o addirittura per persone serie.
E’ una battaglia di libertà, è una battaglia di civiltà.
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Eccidio di Codevigo

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Eccidio di Codevigo
StatoItalia Italia
LuogoCodevigo
Data28 aprile e metà giugno 1945
TipoEsecuzione sommaria, scontri a fuoco, vendetta personale
Morti136[1] militi della GNR, delle BN e civili
ResponsabiliElementi delle formazioni partigiane, CLN locale, singoli militari inquadrati nel gruppo di combattimento "Cremona" e singoli militari della 28ª Brigata Garibaldi.
MotivazioneStrage a sfondo politico-ideologico e vendette di natura personale.
L'eccidio di Codevigo, avvenuto tra il 28 aprile 1945 e la metà di giugno[2] dello stesso anno, fu l’esecuzione sommaria di 136[3] tra militi della Guardia Nazionale Repubblicana, delle Brigate Nere e civili.


Le vicende giudiziarie[modifica | modifica wikitesto]

La Magistratura di Padova trattò la vicenda in numerosi procedimenti dal 1945 al 1950 e poi dal 1961-62 sulla base d'indagini condotte fin dall'inizio dalla polizia Alleata e dai Carabinieri[4]. Furono giudicati anche quattro partigiani della 28ª Brigata Garibaldi, tutti e quattro furono assolti.
I Comandi della 28ª e del "Cremona" non furono mai soggetti a procedimenti penali poiché i fatti si svolsero al di fuori e contro gli ordini da loro emanati e a loro insaputa[5]. Alcune fonti sostengono che all'eccidio avvenuto in varie località in prossimità di Codevigo, parteciparono elementi provenienti dalle formazioni partigiane locali, elementi provenienti dalla 28ª Brigata Garibaldi "Mario Gordini", militari inquadrati nel gruppo di combattimento "Cremona" unità dell'esercito italiano alle dipendenze dell'VIII armata Britannica, sotto il cui comando era anche la 28ª Brigata Garibaldi "Mario Gordini", comandata da Arrigo Boldrini[6]. Nell'atto della Prefettura di Padova del 25 maggio 1945 oltre all'attribuzione certa di alcune esecuzioni a militari del "Cremona"[7] (Corinna Doardo, Bubola Mario o Ludovico).si comunicò che la Polizia Alleata aveva deciso di disarmare i militari del "Cremona" presenti a Codevigo[7]. Il territorio era stato occupato dalla 28ª Garibaldi, da varie formazioni partigiane venete e dai reparti del "Cremona" e l'azione di polizia e d'ordine pubblico era svolta dal CLN locale[8].
Si tratta di uno degli episodi più gravi tra quelli avvenuti nell'Italia nordorientale nei giorni a cavallo della resa incondizionata in Italia delle forze tedesche e fasciste repubblicane, effettiva a partire dal 3 maggio 1945. Nella sola zona di Treviso ci furono almeno 630 le esecuzioni ad opera dei partigiani nei confronti dei fascisti arresi ed altre 391 nella zona di Udine[9]. In quei giorni furono operati eccidi e stragi a Pedescala di Valdastico, Castel di Godego di Treviso, Saonara e Saccolongo di Padova[10].

Le vittime della strage[modifica | modifica wikitesto]

Ci furono 136 vittime totali, non tutte identificate (ne furono identificate con certezza 114), trucidate per vendetta, previo giudizio sommario, morte in scontri a fuoco tra cui vittime seviziate.
Elenco delle vittime, accertate e presunte, a Codevigo e dintorni[11]
Compilato sulla base dei vari elenchi già pubblicati e con riscontro dalla Lapide dell'Ossario.
  • ALBONI Almo
  • ALESSANDRONI Goffredo di Alessandro, anni 30 (classe 1915, residente in Ravenna, impiegato) GNR Candiana
  • ALLEGRI Alessandro fratello di Alvaro, 29 o 20? (res. Bagnocavallo, agricoltore) GNR Pescantina
  • ALLEGRI Teodoro (detto Dorino?) di Giuseppe, 51 (res. Bagnocavallo, impiegato) GNR Bussolengo
  • ALLEGRI Teodoro di Matteo
  • ALLEGRI Teodosio di Innocente, 48 (camionista) GNR Bussolengo
  • BADESSI Jader, 38 (res. Ravenna, tipografo) GNR Bussolengo
  • BAGNOLI Armando di Domenico, 41 (nato a Forlì, 1904; res. Ravenna). GNR Candiana
  • BARALDI Osvaldo, 40 (res. Concordia sul Secchia *MO) Capitano, ufficiale d'amministrazione GNR Bussolengo
  • BARUZZI Carlo, 42 (res. Cotignola, muratore) Già aderente Fascio di Combattimento.
  • BARUZZI Giambattista
  • BARUZZI Giuseppe di Luigi, 30 (nato a Cotignola, 1905; res. Faenza) GNR Candiana
  • BELLENGHI? GNR Bussolengo. Già aderente?
  • BELLONZI Ippolito di Ugo, 35 (nato a Ravenna, 1910; inabile al lavoro) GNR Candiana
  • BERTUZZI Cesare
  • BEZZI Giuseppe di Romeo, 41 (nato a Castiglione di Ravenna, 1904; res. Ravenna) GNR Candiana
  • BIANCOLI Gioacchino, 47 (res. Ravenna). GNR Bussolengo. Già aderente Fascio di Combattimento.
  • BISULLI?
  • BORESI Raffaele di Giuseppe, 50 (nato e res. a Ravenna, 1905; agricoltore). GNR Candiana
  • BROCCADELLO Edoardo detto Fiore, 32 (res. Codevigo, guardiano idraulico) Presidio in Codevigo (Brigata Nera)
  • BUBOLA Mario (o Ludovico?), 31 (res. Codevigo, agricoltore) Brigata Nera rastrellato nella zona di Codevigo
  • CACCHI Icilio, 46. Già aderente Fascio di Combattimento.
  • CACCHI Sergio di Icilio, 25 (nato e res. a Ravenna, 1913) GNR Candiana
  • CALDERONI Luigi, 50 (res. Ravenna)
  • CANUTI Ugo, 40 (res. Faenza; capomastro)
  • CAPPELLATO Antonietta sorella di Giovanni, 41 (res. Codevigo, impiegata, sospetta spia ai danni di prigionieri inglesi)
  • CAPPELLATO Giovanni, 35 (res. Codevigo, esercente) Brigata Nera rastrellato nella zona di Codevigo
  • CASADIO in SOLAROLI Maria (ravennate) Ausiliaria GNR
  • CASADIO Oberdan
  • CASADIO Raimondo
  • CASADIO Walter di Nino, 32 (nato e res. a Ravenna, 1913) GNR Candiana (N.B. il comandante del distaccamento era il cap. CASADIO Achille. Parentela?)
  • CAVASSI Pietro di Mezzano, 35 (res. Bagnocavallo; bracciante) GNR Bussolengo
  • CAVINA Domenica ch. Pierina, 31 (res. S.Stefano di Ravenna) Ausiliaria GNR (sorella di Guerrina, anch'essa ausiliaria GNR, sopravvissuta)
  • CAVINI Otello
  • CAVINI Salvatore
  • CIVENNI Ugo, 39 (res. Ravenna; agricoltore)
  • CONTI Sante, 20 o 21 (res. Terni) Sottotenente della GNR Candiana
  • CONTRI Silvio, 32 (res. Codevigo) Brigata Nera rastrellato nella zona di Codevigo
  • CORBELLI Mario (Fratello di Guido) Brigadiere GNR Candiana. Già aderente Fascio di Combattimento.
  • COSTA? Già aderente?
  • COTTIGNOLI Luigi Carlo di Enrico, 36 (nato a Parma e res. Ravenna, 1909) GNR Candiana
  • CRIVELLARO Ernesto, 32 (res. Correzzola)
  • D'ANZI (o DANZI?) Giorgio di Michele, 19 (nato e res. a Ravenna, 1926) GNR Candiana
  • D'ANZI Od(d)one di Michele, 22 (nato e res. a Ravenna, 1923) GNR Candiana
  • DEL GRECO Umberto, 43 (res. Firenze) Ufficiale d'amministrazione GNR
  • DILETTI Giuseppe (res. S.Leo-Pesaro) Tenente GNR Pescantina, addetto all'autoparco
  • DOARDO Corinna, 39 (Originaria di Tognana di Piove di Sacco) Fascista, maestra del paese (figlia del Podestà? Stesso dicasi per BUBOLA)
  • FABBRI Terzo di Agostino, 40 (1905; res. a Ravenna, bracciante) GNR Candiana
  • FARNE' Enrico, 32 (res. Bologna; operaio). GNR Bussolengo
  • FENATI Domenico di Policarpo, 44 (nato a S.Alberto e res. Ravenna, 1901) GNR Candiana
  • FERRANTI Mario, 32 (res. Bussolengo) GNR Bussolengo
  • FIUMANA Ernesta, 19 (res. a Ravenna, operaia) Ausiliaria GNR
  • FOCACCIA Leonida (res. Ravenna) *Già aderente Fascio di Combattimento.
  • FOCACCIA Vincenzo di Paolo, 42 (res. Ravenna; 1903) GNR Candiana
  • FONTANA Farinacci, 18 (res. Codevigo, studente; figlio di Silvio FONTANA, vicecomandante della Brigata Nera) Brigata Nera rastrellato nella zona di Codevigo
  • FORTI Massimo, 47 (res. Carpi) Capitano GNR Bussolengo
  • FRANCIA Gino
  • GASPARE Pio
  • GAVELLI Vincenzo, 35 (res. Faenza; lattoniere) GNR Pescantina
  • GIUNCHI Elviro di Francesco, 53 (res. a Ravenna, 1902) GNR Candiana
  • GOLFARELLI Guerrino, 27 (res. a Villa d'Albero)
  • GRAZIANI Giovanni *Già aderente Fascio di Combattimento.
  • GRECO Giuseppe, 54 di Porto Corsini (res. a Ravenna), vice-brigadiere (o impiegato civile "addetto ai profughi"?) a Pescantina
  • GRECO Rinaldo congiunto di Giuseppe, di Marina di Ravenna (res. a Ravenna), 50 (1895) GNR (Pescantina?)
  • GUIDETTI Eugenio, 57 (res. Porto Corsini)
  • LAMI Giuseppe
  • LANZONI Federico di Sebastiano, 53 (res. a Ravenna; 1892) GNR Candiana
  • LOMBARDI Samuele, 22 (res. Cireggio d'Omegna-Novara)
  • LORENZONI Giulio
  • LUNARDI Giacomo, 32 (res. Piove di Sacco) Brigata Nera rastrellato nella zona di Codevigo
  • MANEO Angelo, 27 (res. Piove di Sacco)
  • MANFRIN Primo, 30 (res. Codevigo, sarto). Presidio in Codevigo (Brigata Nera)
  • MANOLI Gerardo, 55 (res. Codevigo, agricoltore) Presidio in Codevigo (GNR)
  • MARCHETTI Giuseppe
  • MARESCOTTI Agostino, 42 (res. Alfonsine di Ravenna)
  • MARONCELLI Marino, 46 (res. a Ravenna; operaio)
  • MARTINI Antonio
  • MASETTI Loris Pasqualino, 29 (res. a Mesola-Ferrara) Tenente GNR Candiana
  • MAZZETTI Agostino, 42 (res. a Ravenna) Ufficiale GNR Candiana. Già aderente Fascio di Combattimento.
  • MERENDI?
  • MERENDI Francesco, 45 (res. a Ravenna)
  • MERENDI Giovanni, 40 (res. a Ravenna)
  • MILANDRI Sergio, 28 (res. a Ravenna)
  • MINORELLO Gino di Antonio, 23 (res. a Codevigo, organista) Presidio in Codevigo (Brigata Nera)
  • MONTANARI Piera (n. a S.Alberto di Ravenna) Ausiliaria GNR
  • ORSINI Nello, 43 (res. a Ravenna). Maresciallo GNR Pescantina. Già aderente Fascio di Combattimento.
  • PARLANTI? GNR Bussolengo. Già aderente?
  • PASI Cesare
  • PASI Francesco, 45 (res. a Ravenna). Già aderente Fascio di Combattimento.
  • PICELLO Giuseppe -
  • POLATO Torcisio (o Tarcisio), 31 (res. Piove di Sacco; agricoltore)
  • POZZI Amleto fu Giulio, 35 (res. a Ravenna, impiegato; 1910). GNR Candiana
  • PRETOLANI Antonio, 38 (res. a Ravenna)
  • RANZATO Giuseppe (res. Pontelongo PD)
  • RICEPUTI?
  • RIGHI Crescentino, 36 (res. res. Urbania-PS) GNR (Candiana?)
  • ROSSI Augusto di Giuseppe, 45 (res. Ravenna, facchino) GNR Candiana. Già aderente Fascio di Combattimento.
  • RICCI Antonio, 35 (res. a Ravenna, tipografo) già aderente?
  • SAVIOTTI Amedeo, 31 (res. a Ravenna, muratore)
  • SCARABELLO Anacleto
  • SCARABELLO Ernesto
  • SPAZZOLI Ferdinando, 43 (res. a Ravenna)
  • TAMPELLINI Alfredo, 52 (res. a Ravenna, bracciante) GNR Bussolengo, già aderente Fascio di Combattimento.
  • TARTAUL Danilo
  • TEDALDI Primo
  • TEDIOLI Saturno, 42 (res. a Brisighella *RA) Già aderente Fascio di Combattimento.
  • TONI Attilio, 42 (res. a Ravenna, fratello di Emilio, bracciante) GNR Bussolengo
  • TONI Emilio, 53 (res. a Ravenna, bracciante) GNR Bussolengo
  • TURA?
  • TURCI?
  • VALENTI Aldo, 23 (res. a Ravenna, operaio)
  • VALENTI Sesto (res. a Ravenna)
  • VALZANIA?
  • VESTRI Valeriano, 31(res. a Ravenna, bracciante)
  • VILLA Alfredo, 30 (res. a Ravenna)
  • VILLA Nazario, 20 (res. a Ravenna)
  • VILLA Vincenzo, 22 (res. a Ravenna)
  • VIRGILI Carlo Emilio di Cosimo e fratello di Giulio, 36 (res. a Ravenna, insegnante; 1905) Capitano GNR Pescantina (ex-funzionario della Prov. di Ravenna) già aderente Fascio di Combattimento
  • ZAMPIGHI Luigi di Attilio, 46 (nato a Filetto, res. a Ravenna, 1899) GNR Candiana
  • ZARA Claudio, 27 (res. a Ravenna, 1918) GNR Candiana
Gianfranco Stella nel suo libro sulla strage 1945. Ravennati contro e Antonio Serena nel suo I giorni di Caino narrano di episodi raccapriccianti quali quelli relativi all'uccisione di Ludovico “Mario” Bubola[12] e di Corinna Doardo entrambi attribuiti a militi del "Cremona" dai Reali Carabinieri dell'epoca[13].

La ricerca dei corpi e la costruzione dell'Ossario[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni sessanta alcuni parenti delle vittime disperse iniziarono la ricerca dei corpi, in genere abbandonati e sepolti in fosse comuni, nei cimiteri o nei campi.
Furono trovati 114 corpi, ma non fu possibile l'identificazione per tutti: 77 salme furono recuperate nel cimitero di Codevigo, 17 nel cimitero di S.Margherita, 12 nel cimitero di Brenta d'Abbà. Molti scomparsi non furono ritrovati.
Il 27 maggio 1962 fu inaugurato un Ossario costruito nel cimitero di Codevigo, a cura della Associazione nazionale famiglie caduti e dispersi della R.S.I., in cui sono sepolti i resti di 114 corpi, tra cui 16 ignoti.

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