Giustizia
giovedì 2 aprile 2015
D'ALEMA (FILMATO)
Mauro Masoni
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D'Alema fuori controllo
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NASCONDETE TUTTO! – SECONDO “LIBERO” GLI INQUIRENTI BUSSERANNO PRESTO ALLA PORTA DELLA FONDAZIONE DI D’ALEMA PER CHIEDERE I CONTI – E DOMANI A FRANCESCO SIMONE DELLA CPL CONCORDIA IL MAGISTRATO CHIEDERÀ QUALI SONO LE “COSE” (E LA “MERDA”) CHE D’ALEMA AVREBBE FATTO PER LA COOP ROSSA
Sotto la lente degli investigatori anche il rapporto tra la Cpl Concordia e il centro studi Icsa, un tempo legatissimo al sottosegretario Marco Minniti. Il ruolo di Giovanni Santilli, vice segretario generale, il cui nome ricorre in varie intercettazioni della procura di Napoli…
Giacomo Amadori per “
Libero quotidiano
”
Nel fortino dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico, di fronte all’hotel Ergife di Roma, tutto tace. Da queste parti non è una rarità incrociare il pm napoletano Henry John Woodcock che con questo pezzo d’Arma piuttosto anarchica lavora volentieri.
Infatti a comandare il Noe è il colonnello Sergio De Caprio (il famoso Capitano Ultimo, che catturò Totò Riina), uno che quanto a indipendenza non scherza. «Volare alto, volare alto!» è l’invito al cronista. Poi stacca. Nel suo ufficio un falco gli tiene compagnia. Mentre i suoi uomini arrivano con i primi scatoloni frutto dei sequestri.
L’inchiesta sulla cooperativa rossa Cpl Concordia di Modena, leader nella realizzazione di strutture per il trasporto del gas, una multinazionale da 1.800 dipendenti e un fatturato da 461 milioni, sembra solo all’inizio. Tutto ruota intorno a Francesco Simone, cinquantottenne barese, cresciuto nella gioventù del Psi e quasi uno di famiglia in casa Craxi, sino a poche settimane fa consulente di Cpl in veste di responsabile dei rapporti istituzionali dell’azienda. Gli investigatori, seguendo i suoi affari, hanno alzato le antenne sul mondo delle fondazioni e «sull’utilizzo di forme di finanziamento alla politica e ai politici tutte da approfondire».
Particolarmente interessante per gli inquirenti si è rivelato il pensatoio di Massimo D’Alema, Italianieuropei. In una perquisizione del novembre 2014 presso gli uffici della Cpl hanno trovato traccia di tre bonifici da 20 mila euro e uno da 4.800 per 500 copie di Non solo euro, l’ultimo libro dell’ex premier: 65 mila euro a cui vanno aggiunti circa 32 mila euro di vino acquistati dalla Cpl nell’azienda vinicola dei D’Alema.
In tutto 100 mila euro di finanziamento più o meno diretto su cui gli inquirenti vogliono fare tutti gli accertamenti del caso. Presto, come confermano con Libero gli investigatori, busseranno all’indirizzo di Italianieuropei in piazza Farnese a Roma per chiedere di analizzare i conti. E sarà una delle prime volte che in Italia una fondazione dovrà svelare i nomi dei propri finanziatori.
Ma a Italianieuropei annunciano battaglia. «Bisogna fare una legge che regolamenti le lobby e occorre rendere pubbliche tutte le donazioni. Ma non saremo noi a tradire i nostri finanziatori facendo i loro nomi. Non prima degli altri», è il succo di un articolato discorso di una stretta collaboratrice di D’Alema. Pm e carabinieri vogliono capire che cosa intendesse Simone, quando ha detto a un suo interlocutore che preferisce «investire negli Italianieuropei dove D’Alema sta per diventare commissario europeo», in quanto «D’Alema mette le mani nella merda come ha già fatto con noi, ci ha dato delle cose».
Il gip Amelia Primavera precisa il peso investigativo di questo passaggio: «Il termine “investire” rende più che mai l’approccio del Simone e della Concordia rispetto a tale mondo». Nell’interrogatorio di garanzia di domani, in cui sarà assistito dall’avvocato Maria Teresa Napolitano, ne sapremo di più. Gli inquirenti chiederanno a Simone, rinchiuso nel carcere napoletano di Poggioreale, che «cose» gli abbia dato D’Alema e in che modo abbia messo «le mani nella merda».
Sarà la seconda volta che Simone si troverà di fronte Woodcock. Il loro primo incontro risale al novembre scorso, quando il pm italo-inglese recitò la parte del “poliziotto buono”. In quell’occasione, nonostante i modi affabili, insistette per gran parte dell’interrogatorio sui finanziamenti a D’Alema. Tenendo coperta la carta dei bonifici a “Italianieuropei”. Di cui Simone non fece cenno.
Un atteggiamento che ha certamente insospettito il magistrato. Il quale quattro mesi dopo ha arrestato il consulente. Forse nella speranza di un aiuto più concreto. Infatti a novembre Simone aveva taciuto alcuni particolari non marginali, svelati dalle intercettazioni, come il trasferimento attraverso improvvisati spalloni di contanti in Tunisia per costituire fondi neri.
Adesso Simone potrebbe risultare più collaborativo di allora, anche perché, dopo l’iscrizione sul registro degli indagati, la Cpl lo ha licenziato, promettendo di pagargli lo stipendio sino a fine contratto (luglio 2015), ma di fatto non mantenendo l’impegno. Per scoprire se sarà così dovremo attendere la giornata di domani. Quando, probabilmente, sapremo qualcosa in più anche sulla seconda misteriosa fondazione di cui vanno a caccia i magistrati napoletani. In un passo dell’ordinanza si legge: «Simone proferisce in riferimento sempre alla quota associativa da pagare a un’altra fondazione (della quale in tal sede, per ragioni investigative, si omette la denominazione): “Dobbiamo pagarlo perché ci porta questo e chiudiamo questo, no a venti, ma anche a duecento”».
Ma se il nome del think tank viene tenuto nascosto, nell’ordinanza ci sono indizi che conducono a un’altra fondazione, mai citata espressamente. In un’intercettazione, uno degli arrestati, Nicola Verrini, responsabile commerciale di Cpl per Lazio, Campania e Sardegna, parla al telefono con Giovanni Santilli, giornalista e vice segretario generale della Fondazione Intelligence culture and strategic analysis (Icsa), un centro studi legatissimo alle forze dell’ordine e ai servizi segreti, voluto e fondato dall’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga e dal “Lothar” dalemiano Marco Minniti.
Santilli di Minniti è stato segretario particolare ai tempi in cui era sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo D’Alema, e poi sottosegretario alla Difesa nel gabinetto di Giuliano Amato; gli ha fatto da consigliere politico anche quando è stato viceministro dell’Interno nel governo Prodi. Ebbene Santilli nella conversazione si vanta di conoscere il comandante campano della Finanza «che so’ quelli che stanno a fare l’indagine». In un’altra telefonata Simone cerca di organizzare un incontro tra il sindaco di Ischia, il piddino Giuseppe Ferrandino (in carcere da lunedì) e Massimiliano Vitale «che lo stesso Simone dice essere il braccio destro di Castellaneta, della Sace».
Il presidente di quest’ultima è l’ambasciatore Castellaneta, membro del comitato scientifico della stessa Icsa. Di Sace si parla anche in un’altra intercettazione tra Simone e Verrini: «Ma te l’ho detto io di fare la Sace?», chiede Simone. «Ma quando mai… facciamola perché abbiamo qualcuno che conosciamo ci ha appena dato venti milioni (…) Il presidente non te l’ho portato a Concordia?».
Ma in Icsa ci sono anche altri personaggi che sicuramente stuzzicano la fantasia di Woodcock: alti ufficiali come l’ex consigliere militare di D’Alema e Silvio Berlusconi, il generale Leonardo Tricarico, l’ex comandante del Ros Giampaolo Ganzer, gli ex direttori del Sismi Gianfranco Battelli e Sergio Siracusa, numerosi ambasciatori, giornalisti (Carlo Panella e Paolo Del Debbio), ex boiardi di Stato o ministri come Andrea Monorchio e Paolo Savona. Per non parlare di due magistrati non proprio in linea con Woodcock: Stefano Dambruoso e Giancarlo Capaldo, attuale procuratore aggiunto di Roma. Non è difficile immaginare che cosa pensino a Napoli, dove amano andare a caccia di presunte logge, di fronte a questo parterre de roi.
TREMA IL PD: CHI E’ IL “PEZZO GROSSO” CHE HA PRESO 200MILA EURO? ECCO IL TESTO DELL’INTERCETTAZIONE CHE RIGUARDA D’ALEMA. CHI E’ INDICATO AL POSTO DEGLI “OMISSIS”?
1. NON SOLO D’ALEMA! C’È UNA FONDAZIONE MISTERIOSA, CHE VEROSIMILMENTE FA CAPO A UNO O PIÙ POLITICI, NELL’INCHIESTA DI NAPOLI CHE FA TREMARE IL PD E LE COOP ROSSE
2. NELL’ORMAI FAMOSA INTERCETTAZIONE, ZEPPA DI OMISSIS, IN CUI SI PARLA DELLA “MERDA” E DI BAFFINO VIGNAIOLO, GLI ARRESTATI PARLANO DI UNA SECONDA FONDAZIONE DA FINANZIARE, OLTRE A “ITALIANIEUROPEI”, UNA FONDAZIONE “DELLA QUALE IN QUESTA SEDE, PER RAGIONI INVESTIGATIVE, SI OMETTE LA DENOMINAZIONE”, DELLA QUALE DICONO: “DOBBIAMO PAGARLO PERCHÉ CI PORTA QUESTO E CHIUDIAMO QUESTO, NO VENTI MA ANCHE DUECENTO”
GLI UOMINI DI POLETTI? TUTTI DENTRO O INDAGATI! ECCO LA MAPPA, DA NORD A SUD DELLA VERA “PIOVRA” LEGALIZZATA DELL COOPERATIVE ROSSE
MAZZETTA ROSSA LA TRIONFERA’ – DAL MOSE A “MAFIA CAPITALE” FINO AL CASO ISCHIA, SI MOLTIPLICANO LE INCHIESTE SULLE COOP LEGATE AL PD – NELLA VICENDA EXPO RICICCIA GREGANTI, EX TESORIERE DEL PCI-PDS
Non c’è solo lo scandalo di Ischia e Mafia Capitale: le cooperative rosse sono state al centro di diverse indagini anche in Veneto, Toscana e Emilia – A Molfetta, grazie all’intervento del Pd che ha negato l’uso delle intercettazioni relative al senatore alfaniano Azzollini, è stata forse disinnescata una bomba giudiziaria…
Francesco De Dominicis per
“Libero Quotidiano”
Non è stato lo scandalo di Ischia venuto a galla ieri il «battesimo» delle coop rosse con le tangenti. E la «prima volta» non è stata nemmeno l’inchiesta dello scorso novembre ribattezzata «Mafia Capitale». Il fenomeno delle cooperative legate al Partito democratico è di dimensioni assai rilevanti, spesso finito sotto la lente delle procure della Repubblica, quasi sempre per affari e agganci con la politica
Le mutue agganciate a Legacoop, una sorta di holding del settore, sono 15mila e il fatturato è vicino agli 80 miliardi di euro. Per difendersi, i vertici del Pd hanno sempre usato l’espressione «casi isolati». Tuttavia, a compulsare gli archivi s scopre che la casualità di certi «fili rossi» pare invocata a sproposito. E il 2014 è stato l’anno in cui sono deflagrate due bombe giudiziarie che hanno colpito l’asse coop-Pd. A maggio dello scorso anno, tanto per cominciare, l’inchiesta su Expo 2015 dei pm di Milano ha riportato alla ribalta il nome di Primo Greganti.
L’ex tesoriere del Pci-Pds era considerato il referente delle coop rosse ed era stato arrestato (poi a novembre il patteggiamento per tre anni) nell’ambito del terremoto giudiziario che aveva visto finire in manette Luigi Calogero Addisi, ex consigliere comunale democrat a Rho, cittadina che ospita appunto i cantieri Expo. Da Milano a Roma. Con l’inchiesta «Mafia Capitale», che dallo scorso 2 dicembre ha scosso la prima città d’Italia spezzando definitivamente il quadro idilliaco che tutti conoscevano (più o meno superficilamente).
Vale a dire che il sistema cooperativo si è di fatto snaturato, facendo diventare le imprese di mutuo soccorso delle vere e proprie società d’affari, talora al confine (o oltre) della legalità. Un mondo che vale il 12 per cento del pil italiano, sempre più potente, dal quale per evidenti ragioni (quattrini) il Pd non si è potuto slegare. Anzi. Semmai sono in via di aumento le sliding door e non a caso Giuliano Poletti, ex presidente della Legacoop, è passato nelle file del governo, nominato dal premier Matteo Renzi ministro del Lavoro.
Motivo per cui l’inquilino di palazzo Chigi è stato costretto a difendere a spada tratta il ministro quando furono pubblicate la foto di una cena a cui partecipò il fondatore della Coop 29 giugno, impresa fornitrice del comune di Roma, fondata dal presunto dominus della prospettata cupola romana, Salvatore Buzzi. Ma un ruolo da protagoniste le coop lo hanno giocato anche negli appalti a Venezia per il Mose. Lì si parlò di un giro di mazzette e lavori per oltre 36 milioni di euro.
Le cooperative avevano imparato la regoletta: per lavorare si doveva pagare. I riflettori furono puntati, tra altro, su Franco Morbiolo, ex presidente del Coveco, il consorzio della Lega delle Cooperative del Veneto, che stando all’accusa sarebbe stata la centrale delle mazzette rosse, da complessivi 890mila euro. Soldi dalle coop agli esponenti o eletti del partito, insomma.
Ma aiuti anche in senso contrario, come a Molfetta dove grazie all’intervento del Pd – che ha negato l’uso delle intercettazioni relativa al senatore alfaniano Antonio Azzollini – è stata forse disinnescata una bomba. La faccenda vedeva il coinvolgimento della storica Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna che al porto pugliese aveva ottenuto la bellezza di 7,8 milioni di euro di risarcimento per il ritardo nel dare il via ai lavori. L’ampliamento del porto arrivò a costare 150 milioni e l’appalto era finito sotto indagine con l’ipotesi di truffa ai danni dello Stato.
In provincia di Ferrara, tanto per restare nello stesso territorio, la Cooperativa costruttori era naufragata in un mare di debiti ed era finita sotto inchiesta con l’accusa di fare affari con il clan dei Casalesi. La procura di Firenze si era occupata di una faccenda legata alla Tav e alla Coopsette, dossier che vedeva indagate 36 persone, compreso l’ex presidente Pd della regione Umbria
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FONTE
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/mazzetta-rossa-trionfera-mose-mafia-capitale-fino-caso-97563.htm
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